Di Marco Porsia
Quindici anni fa iniziava ufficialmente, con la fondazione della società che pubblica questo libro, la mia avventura nel mondo dell’editoria. Venivo da lì vicino, nel senso che ero - e resto - comunque un venditore di parole. Mi occupo di consulenza in proprietà industriale: sono un costruttore, arredatore e manutentore di beni immateriali, basati soprattutto sulle parole che li definiscono. Faccio un mestiere che è un ponte, del tutto artificiale, tra il mondo della tecnologia e quello del diritto, e quindi porto il linguaggio degli studi tecnici, delle divisioni R&D, delle officine artigiane, all’interno dei tribunali e negli studi degli avvocati.
Eppure, quando ho cominciato a ragionare di editoria, ho tenuto fuori dalla porta l’ambiente in cui ero immerso tutti i giorni, un universo di progetti, di piani di sviluppo, di prototipi, di beta-test, come se ne avessi abbastanza, come se provassi un po’ di vergogna per tutta quella realtà. Perché tutti quelli, come me, che diventano editori prima col cuore e poi col cervello, hanno inizialmente un’idea molto elegante di quest’imprenditoria della parola, e vogliono toccare soprattutto la propria immaginazione. Sono quelli che sognano, e io con loro, di far leggere a tutti quei tesori letterari che solo loro sanno scoprire. Ma fare l’editore è davvero qualcosa di diverso, e forse di meglio. Editoria è soprattutto impresa, e il rischio è tutt’altro che basso, perché l’aspetto aleatorio del prodotto, la sua unicità e le componenti arbitrarie dei suoi risultati sul mercato richiedono una notevole capacità di organizzazione. O di improvvisazione.
Eppure questo aspetto mi era così oscuro che ho dovuto visualizzarlo in numeri, in fogli Excel, in preventivi, in piani di sviluppo, in finanziamenti a tasso agevolato. E nel passare del tempo, alternando la mia professione al mio impegno sempre più “professionale” nell’ambito editoriale, mi sono finalmente chiesto che cosa volevo da questa esperienza. Non sono mai stato troppo affezionato a pubblicare i miei scritti, e soprattutto non amo scrivere quanto amo leggere, e di conseguenza, mi reputo orgogliosamente un lettore di alto livello, molto più bravo di quanto potrei mai essere come scrittore. In definitiva, la mia idea di editoria è basata sulla mia voglia di scoprire ancora qualcosa di nuovo e interessante da leggere, per me e per tutti quelli che come me hanno bisogno di nuove conoscenze, nuove parole.
L’autore di quest’opera è invece un instancabile produttore di parola scritta. Questa è la sua quindicesima pubblicazione negli ultimi 25 anni, e so per certo che esistono anche diversi suoi inediti. Per produrre queste enormi quantità di parole ne assume per lo meno altrettante, e stupisce davvero il fatto che nelle sue giornate resti tempo per qualcosa che non sia leggere o scrivere. Ma anche per lui, l’idea da raccontare in un libro è stata per lungo tempo tenuta distante da ciò che rappresentava il suo impegno quotidiano, che lo ho portato dal ruolo di quadro in una grande multinazionale fino a ricoprire ruoli dirigenziali in realtà comunque importanti nel settore di riferimento.
Le cose però cambiano, e Joe ha capito che il suo saper raccontare, limato negli anni dall’esperienza nei generi di scrittura più disparati, poteva essere efficace per comunicare anche nel suo mondo professionale, dove le parole sono strumenti di progettazione dell’azione. Così nel 2016 ha pubblicato “Export Management”, utilizzato tra l’altro per la realizzazione di diverse docenze, e basato sulle capacità da lui acquisite sul campo in questo settore. Lo Scrittore e il Manager si sono quindi incontrati, e hanno iniziato a collaborare.
Ma c’è sempre stato un altro Joe, quello che combatte sul ring, quello che suda, che lotta, che vince. Lo scrivere di Joe nasce inizialmente al servizio delle arti marziali; per codificare, per definire, cosa che a lui piace e riesce bene. Era quindi tempo che anche il guerriero, ma lui preferisce chiamarlo Fighter, si unisse al sodalizio, e fornisse la sua chiave di lettura, e di scrittura.
Così, verso la fine del 2016 Joe mi propose un suo nuovo lavoro in inglese, che aveva per oggetto il Global Management, la cui introduzione s’intitolava “Business is fight”. La frase divenne il titolo del libro, e diede a Joe lo spunto per la messa a fuoco di questo progetto. Perché non soltanto è vera l’affermazione che gli affari siano combattimento, ma è innegabile il fatto che esistano punti di contatto rilevanti, e non solo in termini di strategia, tra un mondo e l’altro. E l’autore, nella sua posizione previlegiata di interprete in entrambe le pratiche, è stato in effetti in grado di trarre le opportune considerazioni, che qui vi offre. Il Manager ci ha messo il Business, il Fighter ha portato il Combat e lo Scrittore ha elaborato il Mindset. Detta in questi termini sembra persino semplice, ma ne riparleremo quando avrete finito di leggere tutto.
Quest’opera è la prima della nuova collana “ToolBoox” che, come il nome vuole suggerire, sarà una raccolta di libri utensile per l’informazione e la formazione del mondo dell’impresa. Questa collana è rivolta a chi si occupa di organizzazione aziendale, di tecnologia, ma anche a tutti quelli che si interessano di dinamiche sociali, a chi cerca soluzioni a problemi noti, oppure anche quelli che riescono a individuare problemi nuovi, che comportano cambiamento di logica, cambiamento di passo, cambiamento.
Sia io come editore che Joe, che ne sarà direttore, siamo intenzionati a ripagare il nostro debito in parole verso quel mondo, che resta comunque al centro delle nostre giornate. Con la sua nuova battaglia da combattere. Ogni giorno.