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Nota dell'editore
di Marco Porsia
“Ciò che dobbiamo depositare è un simbolo che identifichi le persone cui viene assegnato come persone che distruggono la ricchezza europea a danno dei risparmiatori; un oscar all'inefficienza economica, nella migliore delle ipotesi, o alla malafede nella peggiore.”
Franco Corti
A novembre del 2021 saranno passati trent’anni dal mio ingresso nella pratica della professione di consulente in proprietà industriale. Tra i molti pregi che questa attività presenta vi è quello, del tutto sublime, di mettere a contatto chi la svolge con menti davvero effervescenti, con persone che hanno quel genere di idee volte a cambiare, di poco o di molto, la vita propria e dei propri simili. Tra questi incontri, sempre graditi e spesso anche molto remunerativi, sia sul piano umano che su quello professionale, c’è anche quello con Franco Corti, uno degli autori di questo libro.
Franco mi contattò all’inizio di aprile 2020, mentre eravamo compressi nella bolla della chiusura totale a causa del malefico virus, perché voleva depositare un marchio, ora registrato e di cui sopra vedete la riproduzione, da utilizzare sul suo sito www.vocedegliazionisti.it. Notai subito che si trattava di una persona sveglia, attiva, che aveva già avuto a che fare con il mondo, non troppo conosciuto, della proprietà industriale. Ma che cosa faceva il Signor Corti sul suo sito? Raccontava una storia, una brutta storia vera, di quelle che non fa mai piacere ascoltare, ma che è giusto che qualcuno si prenda la briga di portare alla luce, di porre all’attenzione di quanto più pubblico possibile. La storia è quella della Banca Carige, la più importante banca della mia città, quella che per decenni è stata l’Istituzione Finanziaria del nostro territorio, ed è stata punto di riferimento costante per imprenditoria e commercio locale. La banca è sprofondata in un gorgo di malaffare culminato con l’arresto di Berneschi nel 2014, ma dopo è successo di tutto, e di peggio.
Dal marzo del 2019 Franco pubblicava sul sito articoli che raccontavano di come gli amministratori della banca stavano mettendo in atto un vero e proprio esproprio nei confronti di migliaia di azionisti, al solo scopo di favorire intrecci affatto limpidi di finanza italiana e internazionale. Il caso, decisamente benevolo, aveva voluto che questo combattivo e dinamico pensionato si imbattesse nell’unico consulente in proprietà industriale che fosse anche socio di una casa editrice.
Mi presentai a lui anche in veste di editore nel corso del nostro primo colloquio telefonico, e convenimmo che ci saremmo risentiti sul tema di una eventuale pubblicazione dopo l’estate. Lui voleva attendere gli sviluppi di alcuni contenziosi in atto, e io stavo affrontando con i miei soci il periodo della difficile transizione che a portato alla trasformazione di questa casa editrice. Quando ci incontrammo di persona per la prima volta nello scorso autunno, avevamo inserito un importante tassello nel progetto del libro che state leggendo; infatti era entrato in squadra Enrico Cirone, un giornalista di quelli che amano scrivere (e non ce ne sono mica poi tanti), che avrebbe aiutato Franco a raccontare al meglio questa vicenda.
Personalmente non amo le banche, ma ne ho sempre riconosciuto la funzione nodale nello sviluppo del nostro sistema economico e sociale. Conseguentemente, ho visto con apprensione, e poi con disappunto, la loro evoluzione da distributori di capitale a venditori di prodotti finanziari truccati. L’interruzione del circuito virtuoso che portava il capitale raccolto tra correntisti e azionisti alle imprese finanziate dalle banche, che a loro volta portavano a quelle banche e ai loro azionisti profitti, veniva interrotto nel nome di una finanza sempre più volatile, sempre più irreale. Ma a farne le spese, come nel caso dei bond argentini, dei mutui sub-prime, e di altre vergognose speculazioni, erano stati esseri umani, che avevano visto i loro risparmi, le loro vite, cancellati da un click di uno squalo fasciato in un abito da cinquemila euro.
Questo libro racconta di come delle persone, ossia gli amministratori di una banca, abbiano compiuto nei confronti di altre persone, ossia gli azionisti di una banca, il medesimo efferato delitto comune a tutti i peggiori criminali. Quel delitto consiste nello smettere di considerare umano un umano, e non dargli maggiore dignità di un oggetto, anche poco utile. Perché il fatto di poter considerare lecito, in quanto utile ai propri scopi, il privare chiunque dei propri diritti sanciti dalle norme, ma anche dall’etica di cui si dovrebbe disporre, corrisponde di fatto a privare tale soggetto della sua dignità umana. Per gli amministratori della banca, gli azionisti non avevano diritti; quindi erano da considerare, neppure troppo implicitamente, degli inferiori, dei non umani. E questa raggelante constatazione è alla base della pubblicazione di questo libro.
Franco ha tradotto in un linguaggio accessibile l’intrico di cifre e di parametri che in genere viene eretto come un bastione a tutela dei segreti degli imbroglioni della finanza; Enrico ci ha portato con Franco attraverso una storia fatta di emozioni, di persone che hanno sofferto e che hanno deciso di lottare per il proprio diritto di essere considerati umani, per il proprio diritto di avere dei diritti.