So long, Fletch!

Un saluto accorato all’uomo che ha reso possibili i Depeche Mode

Di Marco Porsia

Catalizzatore: Sostanza che, presente anche in minima quantità, modifica la velocità di una reazione chimica, pur senza far parte dei prodotti finali della reazione.

(Enciclopedia Treccani online)

Se la reazione è il processo che porta a realizzare una canzone dei Depeche Mode, Andrew John Fletcher, o più semplicemente Fletch per tutti quelli che lo amano, rientra appieno nella definizione riportata qui sopra. Da bravo catalizzatore, per anni si è accollato il difficile ruolo - all’interno di qualunque tipo di gruppo di umani – di regolatore e convogliatore delle energie, compresi gli attriti, che di volta in volta attraversavano la band.

Alcuni lo hanno definito “tastierista”, ma temo che questo termine possa funzionare se si pensa ai Depeche Mode con in testa lo schema di gioco delle rock band classiche, e non quando si ha a che fare con la musica elettronica. Quando lo strumento che viene utilizzato per realizzare il suono è in grado di riprodurre, grazie al campionamento, un’infinita varietà di strumenti, il set-up del gruppo non conta più e la distinzione che rimane è tra voce solista, cori, e linea musicale, compresa quella ritmica.

Nel processo creativo dei DM, l’ideazione dei brani è stata lungamente controllata dal solo Gore, subentrato a Clarke e raramente in seguito affiancato da Wilder, ma che essenzialmente si è occupato in prima persona per anni di parole e note. Poi però il pezzo doveva essere messo insieme, doveva suonare. Qui entrava in gioco la personalità della voce solista del gruppo, quel Dave che andava a marchiare a fuoco di baritono gli spazi canori. Nella lunga era di Wilder, la cura e lo sviluppo della qualità e varietà di suoni era stata impressionante, ma anche gli album seguenti hanno mostrato l’attenzione meticolosa nell’allestimento degli ambienti sonori.

In tutto questo resterebbe da chiedersi che cosa facesse davvero Fletcher. Non ha mai firmato un pezzo, e il suo unico progetto solista non è mai stato pubblicato, e comunque riguardava delle cover. Non ha mai cantato un brano da solo, anche se partecipava a tutti i cori. Per quello che riguarda poi la realizzazione dei pezzi, si coinvolse con il tempo nelle fasi di produzione, sino a diventare lui stesso produttore, ma neppure quello era il suo vero ruolo.

Sin dai loro esordi, Fletch era il mezzo di comunicazione sia all'interno del gruppo che con il mondo esterno; lui, estroverso e rilassato, metteva a proprio agio sia l’introverso Martin che l’esplosivo Dave, e li rendeva compatibili. In particolare, come raccontava Daniel Miller, il boss della Mute, ““Fletch e Martin sono in un certo senso due metà di un unico individuo – sono perfettamente complementari. Andy è pragmatico, diretto e non teme i confronti, anzi li ama; Martin ha una personalità più sensibile ed artistica ed evita le discussioni a qualsiasi costo”.

Un altro grande Andy, Warhol, avrebbe subito colto la portata dell’opera di Fletcher e il suo valore come artista. Perché l’unica, grande opera di quest’icona della musica è stata una band che in quarant’anni di attività ha dimostrato come si possa ribaltare il pronostico, uscire dagli stereotipi e far ballare due, o forse tre generazioni di fan senza ripetersi troppo e reinventandosi con sagacia straordinaria. Tanto da arrivare all’introduzione nel 2020 nella Rock and Roll Hall of Fame, cosa impensabile per un gruppo che per anni è stato bollato come pop, soprattutto in senso dispregiativo.

Fletch ha reso possibile tutto questo, perché ci sono stati due “quarti membri”, perché almeno un paio di volte sembrava che l’avventura dovesse finire per screzi che sembravano insanabili, o anche solo per esaurimento della spinta creativa, delle energie produttive. E invece abbiamo potuto godere di questa straordinaria alchimia umana per tutto questo tempo, grazie a un uomo che sapeva essere soprattutto disponibile per suoi sodali, disponibile tanto da supportare per tutta una vita un progetto in cui sarebbe apparso sempre in modo defilato. Ma a lui piaceva così; si guardava il suo pubblico, ci invitava a battere le mani, sorrideva compiaciuto, con quell’aria così incredibilmente inglese, tra il beffardo e il sussiegoso.

Fletch era i Depeche Mode, e il gruppo accettava il fatto che lui esprimesse il loro punto di vista, semplicemente, come appare evidente da alcune frasi di seguito riportate. Mica poco, per un tipo alto, svagato, con gli occhiali e che lavorava in banca.

“Non credo che le idee siano cambiate…abbiamo semplicemente sostituito Alan con un’equipe di persone”

“Eravamo molto contenti che anche Dave volesse portarlo a termine [l'album "Ultra"]; del resto, c’è un forte legame fra tutti noi. Ritengo che quando Alan lasciò la band, stesse pensando che ci saremmo sciolti, ma sono convinto che il legame fra di noi sia molto più forte di quanto lui credesse”

“La voce di Dave in questo disco è fantastica. Quando stava male, la gente ci chiedeva perché non ce ne sbarazzassimo e prendessimo un altro cantante. Ma Dave non sarebbe mai venuto a dirmi: ‘Senti Fletch, Gore non va più bene, prendiamo un altro autore’. La sua voce ed i testi di Martin sono il nucleo dei Depeche Mode”

“È irritante, ecco sì, davvero seccante che da parte dei media non ci sia stato mai alcun sostegno nei nostri confronti, e nonostante ciò anche qui abbiamo tantissimi fan, il che è semplicemente grandioso. Non riceviamo premi o cose del genere, ma ci riteniamo davvero fortunati perché sono poche le band britanniche che sono riuscite a sfondare oltremanica, mentre noi abbiamo riscosso un enorme successo in Sud America, in Europa, negli States, e così in tutto il mondo: questa è la nostra grande fortuna. Questo ci permette di accettare il fatto che in madrepatria non siamo come si suol dire sul piedistallo”

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